Sono “di fango” per Indro Montanelli e “della rucola” per Michele Serra, ma per molti gli anni Ottanta sono, e restano, quelli “della Milano da bere”, dell’edonismo esasperato e del disimpegno.
Un periodo che vede i giovani – svuotati, stanchi, reduci da un decennio di sangue e di morti a colpi di spranghe, pistola ed eroina, con una gran voglia di cambiare passo. Il periodo che alcuni liquidano con: «Spararono a John Lennon e iniziò un decennio di merda» è invece complesso, difficile e indecifrabile, vissuto dalla prima generazione post-ideologica. È il decennio della “leggerezza”, in contrapposizione alla “pesantezza” dei Settanta, vissuto in una sorta di deserto culturale dove la sostenibile leggerezza dell’essere è all’ordine del giorno.
Saranno stati anche dei «malati di protagonismo» - come li ha recentemente definiti un politico di oggi - eppure a oggi nessuna generazione ha eguagliato quella degli anni Sessanta, con la sua voglia di prendere la parola e di giudicare il mondo. Quei giovani si sono sentiti profeti e protagonisti di un passaggio straordinario. E il cambiamento non lo hanno letto sui libri o studiato a scuola, perché loro – gli hippie - lo hanno annunciato al mondo. Un movimento giovanile che a metà degli anni Sessanta ha immaginato - e messo in pratica - un rinnovamento radicale della società.
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