In questi approfondimenti capiscono che è meglio avere percussioni meno dure, tanto che alla batteria è tolta la cassa e tutta la serie di tom, l’ossatura tipica di una rock band. E si aggiungono Mariano Schiavolini alla chitarra acustica, violino e clarinetto, e Giorgio Battaglia al basso elettrico. Il tessuto ritmico armonico si dipana intorno alle strutture create da Schiavolini costitute principalmente da arpeggi ma che forniscono immediatamente l’esatta indicazione di come si svolge l’intero brano. Tutti i componenti, comunque, concorrono a riempire spazi, fornire nuovi spunti colorando con il proprio interventi e il proprio strumento la tavolozza musicale che in parte nasce dall’improvvisazione, e in parte da scelte precise e meditate. Il problema del cantato viene inizialmente risolto con l’ingresso di Nikki Berenice Burton, cantante con voce suadente quasi da folk singer, che però abbandona il gruppo appena dopo in provini in studio, per rientrare in patria e seguire la sua carriera solista. Il compito del canto passa quindi a Perrino e nei primi mesi del 1974 iniziano le registrazioni di Principe di un giorno, il nuovo album che, inspiegabilmente, viene pubblicato solo nel gennaio del 1976, periodo in cui la scena musicale sta radicalmente cambiando, e anche per questo il lavoro viene stroncato dalla critica. Solo alcuni anni il disco dopo viene rivalutato appieno fino a divenire uno dei lavori più apprezzati e rappresentativi del Progressive italiano. Riconsiderazione che però il gruppo non vive, perché - per sopravvenute incomprensioni tra i membri che avevano differenti visioni riguardo l’impostazione da dare al futuro delle composizioni musicali – si scioglie nel 1977. Ma – nello stupore generale – Celeste torna dopo 43 anni e pubblica Il risveglio del principe, lavoro particolarmente atteso dai fans che nutrivano grandi aspettative che non sono andate disattese. Nel frattempo è cambiato l’organico attorno a Perrino: una band con molti componenti, per creare una musica di atmosfera, con delicatezze armoniche che si riallacciano comunque al lavoro precedente. Al basso elettrico troviamo Francesco Bertone, alla batteria Enzo Cioffi, al violino Sergio Caputo, Mauro Vero alle chitarre elettriche e acustiche, Marco Moro ai flauti e sassofoni, Massimo Dal Prà al pianoforte e clavicembalo, Mariano Dapor al violoncello e coro, Marzio Marossa alle percussioni e coro, Andrea De Martini al sax contralto e tenore. Del Il risveglio del principe si apprezza subito la delicatezza dei suoni e della voce che arrivano a sfiorare con leggerezza il nostro io più profondo. Dopo due anni, nel 2021, esce Il principe del regno perduto, disco che si riallaccia al lavoro precedente, dove viene mantenuto fondamentalmente lo stesso organico con in più alcuni ospiti. Anche qui la musica di Celesta è capace di riflettere grandi intimità senza creare mai attriti a livello emozionale. È presente una suite di 24 minuti dove viene ulteriormente sviscerata la tecnica e l’inventiva dei musicisti. Ed arriviamo a oggi con la pubblicazione di Celeste with Celestial Symphony Orchestra: è il completamento di un ciclo con un ottimo disco che definisce in maniera eloquente quanto precedentemente pubblicato. Organico immutato con in più la presenza dell’orchestra che conferisce al lavoro quella maestosità che necessitava. In tutti i brani si percepisce l’intensità degli sforzi compositivi con atmosfere un po’ rock, un po’ jazz, ma sempre contraddistinte da una ricerca interiore che si manifesta nella evoluzione di tutto il lavoro. È un peccato che i lavori di Celeste non abbiano una diffusione su larga scala; in un momento storico in cui la musica è spesso ridotta a una canzonetta di 2-3 minuti e che non stimola nessuna riflessione né momenti di introspezione, composizioni come quelle di Celeste sono utili per capire che esiste anche “altro”: e per altro s’intende una musica che arriva “dentro” all’ascoltatore, che regala emozioni, che evidenzia la caratura artistica di chi l’ha composta e la esegue.
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