Nell’ottobre del 2014 mi imbarcai in un’avventura umana ed artistica che mi lasciò un segno profondo, ora ve ne parlo perchè replicherò la stessa esperienza nella città in cui mi sono trasferito da un paio di anni: Oradea. Una città rumena, anzi transilvana (come sottolineano orgogliosamente gli autoctoni) di 200000 abitanti, al confine con l’Ungheria. Sì, immagino che non la conosciate, in effetti neanch’io sapevo della sua esistenza fino a quando circostanze assolutamente imprevedibili, che talvolta accadono nelle nostre vite, mi ci hanno condotto. Ora ci vivo - benissimo peraltro - e qui faccio ciò che mi sono sempre sforzato di fare: arte e cultura, inseguendo un concetto filosofico espresso da quel genio, attualmente scomodo e censurato, che è Dostoevskij in uno dei suoi capolavori: l’Idiota: «la bellezza (e in senso lato la «cultura») salverà l’umanità». Ed io ci credo davvero. L’avventura di cui vi voglio parlare era (ed è) basata sull’accostamento dell’arte alla meditazione con visualizzazione. In tre parole una sperimentazione creativa: dopo un'introduzione dedicata alla meditazione, guidata da una voce, i detenuti sono invitati a dipingere un quadro in base agl'input visualizzati durante la meditazione stessa. L’intento è quello di promuovere, creare e proporre un modo di intendere il periodo detentivo come una possibilità concreta di trasformazione ed evoluzione, aiutando i partecipanti ad esprimere il proprio potenziale umano mediante l’arte, che diventa un'espressione individuale delle emozioni vissute durante la pratica. Il primo esperimento del 2014 avvenne nel carcere di Bollate, un’eccellenza e un’eccezione per quanto riguarda la vita dei detenuti, perché ha in essere una serie di attività volte a scandire la giornata, con l’obiettivo di abituare i detenuti a svolgere attività produttive e a fargli acquisire una maggiore consapevolezza delle proprie capacità e coscienza dei propri ruoli sociali. Le meditazioni con visualizzazione utilizzano l'immaginazione per immaginare il risultato di qualcosa prima che accada. Può trattarsi di un compito che si cerca di portare a termine o di un risultato che si vuole ottenere. Quando si visualizza, si tiene in mente uno scenario specifico e si immagina che un risultato diventi realtà. Accostando questa pratica all’espressione artistica si attua la possibilità di lavorare sulla rabbia e su altre emozioni distruttive: il comune denominatore dell’intero processo è il controllo del sistema nervoso. Avere carattere e mente calma. Svuotare la mente, che in carcere è una delle tante radio sempre accese, evadendo dietro le sbarre attraverso un utilizzo consapevole della propria mente, e nient’altro.
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