Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, recitava uno dei protagonisti di Amici miei. Doti, genio, fantasia e intuizione, che appartengono di certo anche a Lorenzo Alliata Nobili e Tito Ferrari, ideatori di un'iniziativa che, in occasione dell’uscita del numero di giugno, ci sentiamo in dovere di raccontare. A ispirarla l'amore, diremmo anche la tenerezza, nei confronti della settima arte, spesso boicottata se, al centro del discorso, anziché i cult hollywoodiani, c'è la produzione italiana dal dopoguerra fino agli anni Settanta/Ottanta: dal Neorealismo al Cinema d’Autore fino alla Commedia all’italiana. Ecco che a pochi mesi dalla riapertura del lockdown, nel settembre 2021, a Lorenzo e Tito, milanesi appassionati di cinema senza tanti distinguo - perché se un film ha qualcosa da dire non importa chi e come l'abbia realizzato e soprattutto con quanti soldi - si accende una lampadina: perché non reinventare il “concetto” di sala, proiettando sulla saracinesca di una panetteria (via Maiocchi per essere precisi), pellicole che ormai rischiavano di essere dimenticate persino dai cineforum d’annata? L’appuntamento è tre volte alla settimana, intorno alle 22. Una sorta di ritorno al futuro degli albori del cinema, quando alle fiere di paese arrivavano i saltimbanchi, e con loro altri artisti di strada, dotati di strani e sconosciuti strumenti con i quali, grazie ai magici 16 fotogrammi, regalavano agli spettatori quelle immagini in movimento di ballerini, treni e tant'altro, da cui era impossibile distogliere lo sguardo. Ed ecco scorrere sulla citata saracinesca immagini di capolavori quali Il sorpasso, I mostri, Amici miei, I soliti ignoti, per citare solo alcuni dei titoli grazie ai quali nasce una sorta di format, ideale per quel periodo di post pandemia quando le sale, tra obblighi di mascherine e green pass, restano ancora in parte deserte. Format che, inizialmente riservato solo agli amici stretti, presto attira l'attenzione di gente di tutte le età: curiosi che si avvicinano, poi altri ancora finché le sedie non bastano più. Perché, ça va sans dire, tutti decidono di fermarsi e la fama è un venticello... Tre film a settimana, tutte le settimane, è l'impegno che David Gilmour, documentarista e critico cinematografico, ottiene dal figlio Jesse che a sedici anni rischia di morire di noia sui banchi di scuola... una storia vera che lo stesso Gilmour racconta nel libro L'anno di noi due, e Illuminante è la citazione di Groucho Marx sulla quarta di copertina: «Preferisco guardare un film che vivere. Almeno nei film c'è una trama». Insomma, tre pellicole a settimana anche lì, per strada, finché se ne accorgono anche i giornali: arriva il momento della risonanza mediatica che rende merito all'iniziativa, giudicandola un ottimo tentativo di sviare il periodo del Covid. Ma ovviamente Milano non è città aperta, le novità se sono troppo nuove disturbano anche se non disturbano. Insomma, volendo riconoscere all'esperimento di Lorenzo e Tito lo status di esperienza, possiamo dire che si è conclusa e male, una fiaba senza lieto fine. Le lamentele non si sono fatte attendere da parte di qualche vicino che dopo l’ennesima proiezione, ha fatto quello che l’italiano medio annoiato sa fare meglio: chiama le forze dell’ordine. Correva l’ottobre 2022 e i due ragazzi che volevano solo far conoscere un pezzo fondamentale di storia del cinema ora si trovano ad affrontare le complicazioni di un processo per occupazione di suolo pubblico, perché «’A vita non è come l'hai vista al cinematografo, a vita è cchiu difficili», tuona Alfredo in Nuovo cinema paradiso, che aggiunge: «Ora che ho perso la vista ci vedo di più». Proprio come quegli stessi spettatori incantati davanti a una saracinesca che non potranno più godere della visione di un film d'epoca, ma di certo ne sapranno di più, molto di più di prima.
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