Franco Mamone, il loro manager, non ha tempo di trovargli un contratto discografico, è troppo preso con un altro gruppo che sta avendo un successo clamoroso: la Premiata Forneria Marconi. Così chiede a Sassi: «Vuoi occupartene tu?». Sassi non ci pensa due volte, capisce da subito che ha per le mani qualcosa di unico, un gruppo che può fungere da laboratorio artistico culturale per rinnovare il linguaggio musicale capace di tradurre in musica le tensioni politico sociali del momento. Fonda un’etichetta discografica, la Cramps, e li mette sotto contratto. Come prima cosa aggiunge al nome Area (scelto da Capiozzo) la didascalia International POPoular Group. Questo non solo perché la maggior parte dei componenti del gruppo non sono italiani perché per Sassi la dicitura “International POPoular” è una vera e propria dichiarazione d’intenti. La musica del gruppo, infatti, tende a innestare nel pop-rock linguaggi e suoni di tradizioni diverse, che spaziano dalla word music al free jazz al contemporaneo. Una delle prime questioni da risolvere riguarda la lingua: per il disco d’esordio il gruppo ha pronti tutti i brani con testi scritti in inglese, cosa che Sassi ritiene inopportuna, perché, sostiene: «Se vuoi arrivare alla gente devi parlare la stessa lingua». La questione si dimostra più difficile del previsto, il gruppo fa resistenza perché per il cantante Demetrio Stratos – che ha studiato in una scuola per stranieri ad Alessandria d’Egitto – l’inglese è una lingua madre; mentre gli altri sono d’accordo nel sottolineare che cantare in inglese è una precisa scelta del gruppo per affermarsi all’estero. Secondo Sassi, invece, la loro eccezionale tecnica e la straordinaria capacità compositiva sarebbe sminuita e non avrebbe lo stesso peso specifico senza un veicolo importante come la parola, che permette una comunicazione più diretta ed efficace. Dopo estenuanti riunioni, soprattutto notturne, e centinaia di pacchetti di sigarette (quasi tutti fumano tantissimo) la band si convince. E così con l’aiuto di Patrizio Fariselli – il tastierista – nonostante non poca difficoltà a causa delle metriche Sassi si cimenta a scrivere i testi delle canzoni, diventando così non solo il discografico del gruppo, ma un componente degli Area a tutti gli effetti, una guida e un fondamentale collaboratore. I testi sono però un lavoro di squadra, risultati di condivisioni ed elaborazioni di idee comuni: Sassi fornisce soprattutto spunti tematici, poi – assieme al suo socio Sergio Albergoni - scrive e lavora sulla metrica fianco a fianco con tutti i musicisti. Le liriche sono complesse e sofisticate, ma molto dirette. Da parte di tutti c’è la volontà di risvegliare le coscienze assopite, prendere atto della realtà e dei processi in corso, un invito a prendere parte con “consapevolezza” (parola molto cara a Sassi) «alla demolizione del vecchio e alla costruzione del nuovo». L’album, intitolato Arbeit Macht Frei (Il lavoro rende liberi) esce il primo settembre del 1973 ed è un pugno nello stomaco alla tranquilla – fino a quel momento – discografia italiana. Il titolo, partorito da Sassi, è una sorta di manifesto programmatico della Cramps: richiama non solo lo sterminio degli ebrei, ma anche la questione del lavoro, le lotte operaie, gli anni di Piombo. È una sorta di allarme: «Attenzione, il lavoro non rende liberi, ma è solo una trappola della società capitalista che ci vuole inquadrati, ordinati, tutti al loro posto, ben disposti a compiere il nostro dovere senza usare il cervello. Anzi: addormentandolo» si legge sul comunicato stampa. Quella degli Area non è un’operazione provocatoria o arrogante, ma ha più il sapore di una sfida intellettuale e politica, oltre che artistica. E nell’ideare la copertina Sassi dà il meglio di sé: c’è una foto di una sorta di burattino di legno, con una specie di tappo al posto della testa, una chiave in mano e un lucchetto appeso al manico di un violoncello che spunta dal petto. È una scultura di Edoardo Sivielli. Nella foto interna i musicisti sono tutti sdraiati a terra in un ambiente bianco con un’enorme “T” nera dipinta a terra, come a separare il bene dal male. Sparsi sul pavimento ci sono una serie di oggetti che altro non sono che metafore visive: in un’immagine neo-surrealista sono accostati i simboli del cattolicesimo (un quadretto raffigurante un angelo), del comunismo (una falce e un martello), del nazismo (un quadro con la foto del cancello d’ingresso di un campo di concentramento e la scritta che dà il titolo all’album), del terrorismo (una pistola di cartone) del mondo arabo (la kefiah intorno alla testa di Giulio Capiozzo) e della militanza. Niente è lasciato al caso. Al disco è poi allegata la sagoma cartonata di una pistola con la scritta “corpo del reato”: un’idea che fa molto discutere e solleva polemiche, ma certamente in sintonia con il momento storico e perfettamente in linea con i testi e le musiche. Non c’è nessuna ideologia in quella pistola, visto che Sassi gli ha pure scritto sopra “corpo del reato”. Se oggi è semplice andare in giro con una kefiah al collo e schierarsi dalla parte dei palestinesi, proviamo a pensare cosa dev’essere stato nel 1973 quando è ancora vivo il ricordo della strage alle Olimpiadi di Monaco (estate 1972) dove un commando chiamato Settembre nero (nome che ricordava la strage dei palestinesi espulsi dai territori giordani da Re Hussein nel settembre del 1970) fa irruzione nel villaggio olimpico uccidendo undici atleti israeliani e un poliziotto. Uno shock che portò sotto gli occhi del mondo intero l’attenzione della questione palestinese. A meno di un anno di distanza da quella strage intitolare un brano Luglio, agosto, settembre (nero) è un indubbiamente un gesto radicale e senza dubbio “scomodo”, tanto che pare – così si legge su Re Nudo - che la parola “nero” messa tra parentesi è stata eliminata dall’etichetta del juke box. Parte della critica si affanna a trovare riferimenti musicali a cui si sono ispirati gli Area per la loro proposta artistica, ma le componenti originali della loro musica sono moltissime, grazie alle varietà delle linee melodiche di Patrizio Fariselli, della splendida vocalità di Demetrio Stratos, delle ricerche tecnologiche della chitarra di Paolo Tofani, delle incursioni jazzistiche del sax di Eddie Busnello e della ritmica garantita da Giulio Capiozzo alla batteria e da Patrick Dijvas. Arbeit Macht Frei! non certo un disco di facile ascolto e infatti non vende bene. Probabilmente ha influito anche il tipo di campagna pubblicitaria studiata da Sassi e apparsa alcune riviste specializzate: testo bianco su sfondo nero con il tipico carattere american typewriter - che diventerà una sorta di firma che rende riconoscibile tutti i lavori – che scandisce un testo sicuramente indisponente: Di mestiere sparano per primi. Arrivano dal mondo. Vanno decisi a un appuntamento. Calmi, meticolosi, attentissimi. Sanno che passerà di lì, a quell’ora. Eseguono, chiudono, ripartono. Non hanno sbagliato nulla, tutto come previsto, un lavoro pulito, veloce, secco… come un coltello! ARBEIT MACHT FREI! Dicono e non ci credono. ARBEIT MACHT FREI! Dicono guardando in faccia la paura di chi ricorda. ARBEIT MACHT FREI! Il primo lp degli Area.
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