Ci si trova davanti ai palcoscenici improvvisati, nei centri sociali, dentro ai palasport, nelle platee dei teatri off o dei cineforum: si è tutti uniti “contro” o a “favore” di qualcosa. È la cultura underground, formidabile elemento di aggregazione di persone e idee. È lì che le generazioni esprimono sogni, bisogni e ansie e non smettono di interrogare e interrogarsi. Incontri – organizzati o spontanei - che possono trasformarsi in “raduni pericolosi” secondo il Governo Meloni che a fine 2022 ha introdotto una norma che punisce con la reclusione fino a sei anni e una multa fino a diecimila euro chiunque «organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento» se da questo potrebbe derivare «un concreto pericolo per la salute pubblica», dovuto per esempio all’uso di sostanze stupefacenti.
Noi a metà degli anni Settanta saremmo finiti sicuramente dietro alle sbarre. Già a quei tempi Re Nudo sosteneva che negli Stati Uniti: «conta più Jane Fonda che dice ai militari americani di disertare la guerra in Vietnam che cento marce della pace», che in Italia «contano più i pugni chiusi di un gruppo rock che non i discorsi dei leader dei movimenti». Nei grandi raduni gli artisti si erano trasformati in portavoce di ideologie e battaglie contribuendo alla nascita di un progetto comune. Perché – e ne siamo sempre convinti - cinema e musica, quindi, ma anche pittura, teatro, poesia, letteratura, disegno, tutte le arti e le culture possono fare molto di più della fredda analisi politica.
Un cambiamento di paradigma culturale può avere un impatto sociale concreto nella società.
È per questo che il Festival di Re Nudo è tornato.
È diverso, e ci mancherebbe altro, sono cambiati i tempi, gli attori, il panorama sociale e politico. Siamo cambiati anche noi, ma lo spirito, l’obiettivo resta quello originale, dei festival passati di oltre cinquant’anni fa: rivelare una visione culturale non omologata al mainstream, offrire contenuti alternativi e liberi da condizionamenti, portare alla luce quelle proposte che faticano a trovare spazi. Il Festival che si svolgerà a Milano non vuole essere un’operazione nostalgia, nemmeno un raduno di reduci, ma un’occasione da offrire a giovani artisti per uscire dai loro rifugi e farsi conoscere a un pubblico differente, per scambiarsi idee, opinioni, intrecciare le arti e le diverse culture con altri.
È bene sapere che un cambiamento culturale può avere un impatto sociale, concreto e misurabile nella società, tanto che numerose ricerche dimostrano come la partecipazione ad attività culturali possa contribuire ad aumentare il benessere delle persone.
Perché la cultura non salverà il mondo, ma è sicuramente un modo efficace per renderlo migliore.
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