Il nome Re Nudo deriva dalla favola di Hans Christian Andersen, in cui si racconta di un re che compare svestito davanti al suo popolo a causa di un sarto burlone. Nessuno ha il coraggio di parlare finché un bambino quando lo vede passare ingenuamente esclama: «ma il re è nudo!». Negli intenti della redazione - composta da giovani che non hanno ancora compiuto 25 anni - la rivista ha la stessa funzione di quel bambino. Denunciare gli episodi più assurdi e macroscopici di cui però nessuno per paura o per conformismo, ha il coraggio di parlare. Il budget a disposizione è di 100 mila lire. La storia - Il primo numero è stampato in offeset in un formato inconsueto e poco pratico (25 cm di larghezza per 35 di altezza), la tiratura di 10 mila copie, la foliazione di 16 pagine e il prezzo di copertina è fissato a 200 lire. Per aggirare le leggi di controllo sulla stampa esce come supplemento al numero 19 di Lotta continua, con Marco Pannella come direttore responsabile, ma senza nessun incarico di redazione. In copertina è riassunta la favola del re nudo con l’immagine di un giudice nudo con la parrucca. Nella seconda di copertina il sommario e uno scritto dal titolo «I Padroni da Noi», una sorta di manifesto politico: «Nelle fabbriche, nelle scuole, nelle carceri, nelle famiglie, nel mondo c’è una linea rossa che divide i Padroni da Noi…». Non è un editoriale, e la scelta di non prevederlo è voluta in quanto Re Nudo fa capire subito ai lettori che vuole essere un giornale underground. E i servizi sulla nuova mistica di Timothy Leary e su Angela Davis rivelano che il riferimento politico-culturale più prossimo è quello della controcultura americana e delle lotte nate con il movement studentesco sbocciato nelle università californiane. C’è poi un quiz-informativo sulla marijuana (domande a cui bisogna rispondere vero o falso), un servizio su Sante Notarnicola dove all’interno sono pubblicate anche una decina di sue poesie, un articolo di Dario Fo su Pino Pinelli con un estratto del testo della commedia Morte accidentale di un anarchico. La presenza di Notarnicola è significativa perché rispecchia l’esperienza di molti operai meridionali emigrati al Nord durante gli anni Sessanta, che abbandonarono il Pci optando per scelte molto più radicali; acquista il significato di un caso esemplare di disaffezione alla politica del Pci da parte di un proletario. Il giornale è colori, o meglio: a strisce colorate. È un’intuizione di quella che può essere definita «creatività povera». Da un punto di vista dei costi è come se si stampi in bianco e nero, ma sul rullo dell’inchiostro vengono posizionati diversi colori che nel corso della stampa si fondono insieme creando diverse sfumature che danno origine a un effetto di grande impatto. Il progetto grafico – anche se un po’ di difficile lettura - incontra subito i favori dei lettori giovani. Poco prima dell’uscita, prevista per i primi di novembre, si organizza una sorta di campagna marketing ante litteram, una strategia per la presentazione del giornale. La redazione non ha soldi da spendere, tanto meno per una campagna pubblicitaria, così armati di bombolette spray i ragazzi girano la notte scrivendo sui muri «Re Nudo?». La cosa funziona, tanto che dopo un paio di giorni i giornali riportano il fatto e si interrogano sul significato della scritta. «Sono comparse all’improvviso migliaia di scritte sui muri della città» e ancora «Centinaia di persone vanno in giro la notte e ci domandano se il re è nudo. Chi sono?». In realtà le scritte sono circa trecento e a realizzarle sono solo quelli che lavorano al giornale, quindi una decina di persone. Solo che il quesito compare in punti strategici, molto visibili, e ha dato il via a un tam tam che moltiplica la percezione come se le scritte fossero migliaia. Una notte la scritta su un grande muro viene ritoccata: è cancellata la parola «nudo» e prima di Re viene aggiunto «W il». La notte successiva un ragazzo della redazione si arma di bomboletta e scrive: «Sì, ma nudo!». Non contento il monarchico ignoto ci aggiunge «Sempre e comunque viva il re». Il botta e risposta continua per una settimana, il muro di via Mascagni, nel centro di Milano, si trasforma in una specie di tazebao. La campagna pubblicitaria, anche questa frutto della «creatività povera», ha funzionato molto bene perché quando è uscita la rivista tutti i giornali danno la notizia con titoli tipo «Svelato il mistero della scritta sui muri». Il ritorno è stato formidabile, il giornale è andato subito esaurito e anche la vendita dei successivi è strabiliante.
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