La società dei consumi che gioca col nostro ego

Davide Castellazzi

Oggigiorno, sotterraneamente al nostro principio di piacere sano, ovvero sia quello sociale di riconoscimento e apprezzamento per i nostri traguardi lavorativi e di studi, vi è l’estremo principio di piacere del tipo di società di cui tutti, chi più partecipe o meno, facciamo parte. 

Il principio del consumo. Dove s’intende il consumo di cibo, di oggetti domestici, di telefilm, di musica, di pornografia e via dicendo, per arrivare, in ultimo stadio al consumo delle relazioni.

L’altro viene utilizzato per il proprio piacere, non visto nella sua sfera fragile ed emotiva più inviolabile. Abituati come siamo ad avere un rapporto intenso con la materia, che sia anche virtuale, finiamo per cascare nell’ingannatore dell’utilizzare l’altro per il proprio piacere consumistico. E da qui, per fare un paio di esempi tra i tanti, la moda dei trombamici, gay o etero che siano, oppure quella delle relazioni aperte, che di aperto hanno il nome ma sono sostanzialmente relazioni basate su buon sesso e assenza di prospettiva relazionale amorosa.

Questo è lo scenario relazionale con cui ci confrontiamo ogni giorno: pensateci. A lavoro , in università, coi nostri familiari. Le nostre relazioni più reali e sincere stanno scomparendo, le rilasciare spazio ad uno scrollare la relazione, quindi a farla scivolare via così come è giunta.

Concludiamo, al solito, non lasciando speranze ma domande: questo modello di società può formare individui adulti, nel senso di autosufficienti ed emotivamente pronti alla realtà, che è composta di accidenti, frustrazioni, imprevisti, ritardi, incomprensioni?

No. Questo tipo di società plasma un agglomerato di individui che tendono ad un atteggiamento infantile seppur con la barbetta bianca, e vien subito da pensare, purtroppo, ai signori quarantenni abitanti ancora coi loro genitori.

La domanda che vi lascio è una provocazione in realtà, e insieme un motto: può una società del genere non creare individui malati nello spirito (proporzionalmente alla sanità apparente dei corpi)? La resilienza dello spirito è l’atto più nobile che un essere umano possa conoscere.