Sciamano, termine oggi molto conosciuto, nasce dalla parola di origine siberiana šamān e indica colui o colei che si rende mediatore fra il mondo umano e il mondo spirituale, il traghettatore che si muove tra il manifesto e l’invisibile. Gli storici delle religioni ci dicono che lo sciamanismo nasce proprio in Siberia, lungo il sistema montuoso della catena degli Altaj attorno al III millennio a.C. in un’epoca in cui gli esseri umani si sentivano poca cosa nei confronti della potenza del mondo naturale e proprio per questo nacque un rapporto di rispetto e omaggio per le forze deificate della natura a cui si rivolgevano per sopravvivere. Lo sciamano possedeva il dono di comunicare con il mondo naturale popolato da diversi Spiriti personificati in elementi naturali, animali, montagne, fiumi, laghi o piante. Iniziò a incarnare la forma più antica di sacerdote, mortale prescelto tra i mortali, anello di congiunzione tra i mondi. Anticamente le sue attività si espletava nella vita reale, per le questioni concrete che toccavano interessi vitali della popolazione, e non vi erano troppe preoccupazioni metafisiche, non avevano delle scuole di scienza o dei sistemi filosofici da condividere, ma possedevano conoscenze pratiche basate su consolidate tradizioni e rapporti privilegiati con la Natura. Ogni tradizione sciamanica presenta una propria cosmogonia, un proprio pantheon di dei e divinità e un proprio modo di interpretare il mondo e l’esperienza umana. In questa pluralità è però presente un elemento che accomuna tra loro le diverse tradizioni, dalla Mongolia all’Amazzonia. Per lo sciamano, ciò che viene riconosciuto come elemento divino è identificato nella Natura e nelle sue leggi, le uniche che vanno ad assumere un valore e a guidare l’operato di chi si rende suo mediatore. Lo sciamanismo è il sentimento di trascendenza dell’uomo delle origini che viveva con e per la Natura e che da essa traeva nutrimento, cura e insegnamento. In quanto legato all’ordine naturale, lo sciamanesimo non si presta al potere, agli ordini sociali e nella sua molteplicità di forme diviene espressione di libertà e creatività. In questo senso si potrebbe intendere la pratica sciamanica come di servizio, non finalizzata al potere, una pratica che porta l’individuo a curare l’esasperato attaccamento alla materia, ad accrescere la propria forza personale dissolvendo così la necessità di dipendere da qualcosa al di fuori di se stesso, dinamica invece tanto consolidata nella società contemporanea. Le pratiche sciamaniche ci riconciliano con le forze della Natura, dentro e fuori di noi, rompendo l’esilio dell’individualismo e restituendo integrazione sia interiore che sociale. Non tutti gli sciamani sono uguali Se ci si vuole dunque approcciare a questo mondo è bene comprendere che queste tradizioni sono fortemente radicate al territorio di origine, a tradizioni antichissime mantenute solo grazie all’isolamento di luoghi ancora non del tutto accessibili, si pensi alla Siberia o ad alcune zone dell’Amazzonia, pertanto, forse ancora per poco, aggredibili da una logica di consumo. In Occidente tuttavia vi sono associazioni che da anni si occupano di conservare e trasmettere queste conoscenze, come ad esempio l’Associazione Chakaruna che porta in Italia la tradizione Maya Tolteca o come la scrittrice e divulgatrice Selene Calloni Williams, per lo sciamanesimo siberiano in Italia. Esiste però una semplice pratica che ognuno di noi può sperimentare autonomamente, derivante dal grande insegnamento che portano gli uomini e le donne medicina, una pratica di autoconsapevolezza, basata sul principio che l’unica vera medicina è l’individuo stesso. Solo l’individuo stesso può essere fautore del proprio cambiamento riconnettendosi al divino, alla Natura, alla dimensione naturale che dimora sia fuori che dentro di sé: «Cammina e confrontati con la montagna, lasciati andare alla potenza del mare, ascolta il suono di un fiume, siedi sulle radici di un albero e sperimenta il sacro intorno a te. Riconnettiti anche con la Natura dentro di te, con quell’elemento naturale e primigenio insito in ogni uomo e donna. Le emozioni e il sentire del corpo. Lo sciamano è colui o colei che viaggia tra i mondi, tra il sopra e il sotto, tra il dentro e il fuori, tra il conscio e l’inconscio. Tutti possediamo un cuore sciamanico, che a differenza della mente e dei processi mentali, sente e sta nel tempo presente e ci aiuta così a comprendere chi siamo e cosa desideriamo».
Ma come è possibile praticare? Domanda oggi importante dal momento che anche questa realtà in Occidente sembra aver subìto in parte una mercificazione e desacralizzazione di sé stessa. In Italia, come in altri luoghi dell’Occidente, spuntano pseudo e sedicenti sciamani, gli “sciamani di plastica,” che promettono grandi guarigioni. Lo sciamanesimo è entrato nelle Università non come conoscenza antropologica spirituale, ma come tool per manager. In ogni dove si tengono cerimonie con la medicina delle Piante Maestre, mostrando il progredire di un processo tipicamente capitalistico già avvenuto ad esempio con la medicina sacra delle piante di Coca, dell’Ayahuasca o con la pratica dello Yoga orientale. Senza la guida di un buono sciamano chiaroveggente questi cerchi ed esperienze possono divenire controproducenti se non addirittura pericolosi per l’individuo che vi partecipa senza trarne effettivo e duraturo beneficio, continuando poi a praticare senza rendersi conto di coltivare una nuova dipendenza ammantata di una apparenza spiritualistica.
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