Anche la lirica è underground

Alessandra Borin

«The great artist of tomorrow will go underground». Marcel Duchamp, simposio al Philadelphia Museum College of Art, 1961.
Se underground può essere tradotto in controcorrente, la prima domanda da porsi è quale sia il flusso in cui scorrono i suoni di oggi. In che direzione sta andando il mondo musicale, dal momento che coesistono contemporaneamente pluralità stili e forme differenti?
Mai come adesso vi è una ricchezza di contenuti e messaggi musicali pronti a soddisfare qualsiasi gusto e animo alla ricerca di significati, consolazioni, nuove avventure emotive. Per la prima volta nella storia la musica ha azzerato i divari temporali e il catalogo musicale di cui oggi disponiamo è immenso: dalla Grecia antica ai madrigali del Cinquecento, dalla musica trap alle danze tribali delle Filippine passando per un Notturno di Chopin.
Orientarsi in questo fiume di note non è semplice, tenendo in considerazione anche il fatto per cui l’ascoltatore ha un ruolo attivo nella costituzione del significato e del valore di ogni brano, che decodifica e trasmuta da semplice fattore acustico a elemento emotivo.  

Tipologie di ascolto nei vari periodi storici
Ogni brano è testimonianza di un sentire specifico: colonna sonora della storia a cui appartiene. Del resto, l’ascolto musicale - come riconosceva il musicologo Hugo Riemann (1849 - 1919) - non consiste solo nel ricevere passivamente l’effetto dei suoni sull’apparato uditivo, ma nell’attivarsi di funzione logiche dello spirito. Dal periodo Rinascimentale abbiamo ereditato la comprensione spirituale di un testo collegato alla musica: l’ascoltatore, oltre che con i sensi, aveva la necessità di percepire con la mente. Dal periodo Barocco abbiamo imparato la capacità di distinguere, collegare, avvertire corrispondenze e contrasti tra elementi sonori in maniera logico-razionale.Nei secoli successivi si è privilegiato l’ascolto sintetico, emotivo e immaginifico. Negli ultimi cento anni è accaduto qualcosa di totalmente inconsueto: per la prima volta la musica di consumo si differenzia totalmente da quella intellettuale.

 

Ritmi incalzanti e business a tamburo battente
Oggi i generi evolvono e si contaminano a ritmi incalzanti e la richiesta famelica di novità diventa non più ricerca del Bello ma ossessione di vendita. Il demone del guadagno corrode il mondo dell’arte istituendo dinamiche inedite.
L’organizzazione musicale, mutuando parametri dalla sfera del business, ha sancito che per evitare rischi d’impresa sia meglio non investire dove non si abbiano immediato apprezzamento e grandi numeri.  Ne consegue che la musica divenendo “alla portata di tutti” diventa nella maggior parte dei casi “di massa”. La musica underground si è sempre schierata contro il sistema di mercato, al di fuori della logica delle major della musica e in antitesi alla cultura “di massa”: distante dal grande pubblico e lontano dai comuni canali di diffusione o distribuzione. 

 

Prima della Scala e contaminazioni da Freddie Mercury al Volo
Il genere classico, stimolando più piani di percezione, riduce il bacino di utenza perché necessita di tempi, luoghi e capacità di attenzione differenti dalle regole del consumo. Affermare che la lirica è controcorrente, cioè underground, sembra follia ma, porgendo l’orecchio e osservando da vicino le derive della musica di massa, si capisce il perché.
Basandoci sull’immaginario collettivo della lirica, la Prima della Scala di Milano con sfilata di vip poco melomani ma molto griffati, evidenzia il preconcetto che l’opera è musica “vecchia”, con un linguaggio estetico lontanissimo, un repertorio sopravvissuto a un glorioso passato, trascurabile nel panorama culturale. La parola lirica stimola atmosfere di serietà, rigore, cultura e impegno intellettuale. Ma è davvero così? 
A fronte di uno scarso interesse televisivo per la musica classica - fatta eccezione per i canali dedicati - brani di opere liriche si ritrovano ovunque: dagli spot pubblicitari per assicurazioni, automobili, detersivi, alimentari, alle colonne sonore dei film. Persino in ambito sportivo, sia in versione originale che in “contrafacta” (melodia celebre con testo sostituito da uno creato per l’occasione). 
Tentativi di contaminazione sono stati portati in auge da Freddie Mercury geniale frontman dei Queen con Barcellona (1988) singolo ove duetta con il soprano Monserrat Caballé, poi seguito dal Pavarotti and Friends, continuando con il crossover classico di Andrea Bocelli, fino ai giovani de Il Volo. Cosa dire, poi, della voce lirica nel Symphonic Metal dei Nightwish? La lista di prestiti e ispirazioni sarebbe lunghissima. 

 

La lirica è resiliente
Nonostante l’incalzare della modernità, la lirica resiste oltre il mutare del tempo. Se la musica è comunicazione, quale tipo di messaggio offre oggi l’Opera a chi vuole ascoltarla? 
La lirica che il pubblico riconosce come tale non è che una parte minima di uno stile che si è evoluto in quattrocento anni, dalle prime opere Seicentesche in recitar cantando di Caccini e Monteverdi, passando l’opera Settecentesca seria e buffa fino alla complessità dell’Ottocento di Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi e Puccini. La lirica è anche rivoluzione del linguaggio stesso che rappresenta, basti pensare al Pierrot Lunaire di Schönberg del 1912 in cui il testo, anticipando Rap e Trap, è totalmente declamato.
Con quasi 180 opere nuove all’anno rappresentate nel mondo, la lirica non è morta, anzi. Viaggia sottoterra nutrendosi di linfa sempre nuova: gli incassi, il cambiamento di richieste di un pubblico di giovanissimi liberi da condizionamenti e schematizzazioni incuriosiscono non poco. Basti pensare a opere composte da musicisti famosi in altri ambiti come Ça ira (2005) di Roger Waters bassista e cantante dei Pink Floyd.

 

La lirica e il rapporto con il tempo 
Dagli anni ‘60 le canzoni di musica leggera si sono accorciate: un cambiamento che ha interessato anche il mondo del cinema. La lunghezza dei brani e delle pellicole è diventato un fattore di marketing più che esigenza creativa degli autori. Il consumo frenetico impone brani brevi, costruzioni semplici, un ritornello di pochi secondi e di facile memorizzazione, rime prevedibili. Impensabile, quindi, trovare brani di 10 o 20 minuti come negli album di Bob Dylan, Jimmy Hendrix o dei Rush. Introvabili i soli strumentali tipici dei Pink Floyd o Led Zepplin. I musicisti di oggi sono abili a esprimere un concetto (ma solo uno) in pochi secondi: ma così si perde l’opportunità di costruire strutture musicali multiformi capaci di esprimere emozioni articolate. Solo un certo numero di minuti consente di sviluppare una storia in cui il personaggio può attuare delle metamorfosi o agire e sperimentarsi in varie situazioni sentimentali. 

Canto alla durata e musica controcorrente
Pat Metheny Group con i 68 min di The way up non solo vince il Grammy Award per il miglior album di Jazz Contemporaneo (fatto da un unico brano) ma rappresenta una simbolica protesta alla frammentazione musicale odierna, e non è il solo a compiere operazioni di questo tipo, atte a contrastare un crescente analfabetismo sonoro. Di questo passo il pubblico abituato allo sgretolamento e alla frenesia dello stimolo sempre nuovo subisce come inevitabile conseguenza l’incapacità di memorizzare melodie lunghe e reggere brani complessi. Controcorrente è, quindi, ogni musica che esprime la sua completezza in un arco di tempo senza limiti legati alle necessità di vendita. La lirica è controcorrente per l’uso della voce: modificare il timbro in base al personaggio o alla situazione narrata, la capacità di interpretare una partitura, offre possibilità espressive del tutto sconosciute alle orecchie moderne, allontanandosi dalla cultura di massa dove l’arte vocale non risiede nello studio ma in un millantato X Factor caduto dal cielo. La vocalità lirica, rinunciando alla rielaborazione elettronica, resiste all’immancabile uso del microfono che altera timbro e percezione mantenendo un rapporto acustico dall’umano all’umano. Fatica poi ad essere compressa in quei format digitali ormai onnipresenti. 

Musica a ogni costo
La musica è dappertutto e a ogni costo, quasi a riempire un horror vacui del silenzio che mette di fronte a se stessi e porta a pensare. La musica di massa non ha un’identità propria: dall’automobile al supermercato si introduce nella nostra vita senza chiedere permesso. Sono lontanissimi i tempi degli album doppi, in cui un ascoltatore offriva una piena disponibilità dell’ascolto esclusivo, dedicando all’artista preferito due ore seduto in poltrona. Per quante sperimentazioni siano state fatte - dai concerti in cima alle gru o sottoterra - la lirica ha bisogno di un luogo stabilito, un approccio dedicato, una ritualità silenziosa dove si ascolta senza fare altro. 
Se la musica underground può raccontare il rispetto, il valore dell’amore e la libertà di espressione, come distinguerla dalla musica commerciale? La differenza sta nella qualità e varietà del testo e nell’equilibrio tra ritmo musicale e poetico. Oggi anche l’accento delle parole è spostato per le esigenze del verso, violentando senza cura il significato del termine a favore del suono.
La lirica è controcorrente per la qualità della poesia e le storie narrate, ponendosi così sullo stesso piano del cantautorato degli anni Settanta.

Ritornelli come emoticon
La musica di massa va verso l’elezione di una parola sola ripetuta più volte a funzione di ritornello. La distruzione del testo porterà alle canzoni fatte con gli emoticon? Questa tendenza, appoggiata dalle multinazionali della musica, cela in sé una scarsa stima del pubblico; tuttavia, confondere la banalità con la semplicità diventa facile se ci si accontenta di un vocabolario ridotto, rinunciando alla poesia e alla musicalità in favore di un linguaggio sempre più costellato di parole volgari. Se underground è anche una strada non in superficie, allora la lirica è tale perché, ancorché linguaggio antico, rimane estremamente moderno facendo leva sul sentire dell’uomo che nei secoli resta immutato. La lirica è la variopinta possibilità di far scaturire emozioni con l’uso di tutte le tonalità,  con testi che parlano di onore, verità, riscatto, sacrificio; la lirica esalta le virtù d’animo e i nobili propositi dei personaggi che diventano, come nel mito, degli exempla di vita intramontabili. Di contro, la musica di massa conduce a un’inevitabile povertà di forma e sostanza, un processo di azzeramento e anestetizzazione dei moti espressivi umani.
Se l’arte deve diventare underground, sotterranea, per porsi in antitesi alla cultura di massa, non può in alcun modo essere smart o funzionale. Se oggi essere multitasking è una qualità necessaria, bisognerebbe anche essere oltremodo capaci di dare attenzione a quelle forme di arte che richiedono una partecipazione attiva completa e immersiva, tanto per non perdere l’abitudine al ragionamento. Non è facile nuotare controcorrente, soprattutto in Italia dove la crisi del linguaggio musicale è supportato da motivazioni strutturali e molta pigrizia.
Nonostante tutto, però, una fetta di ascoltatori non si arrende al flusso e nuota alla ricerca di un livello di comunicazione musicale più profondo che la lirica è in grado di suscitare. 

 

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