Tutti noi che abbiamo guardato centinaia di concerti, migliaia di videoclip, ascoltato di tutto, su qualsiasi apparecchio, sempre in cerca di qualcosa da scoprire e di cui innamorarsi, cosa inseguivamo? Cosa provavamo? Personalmente, quando ascolto un disco o sono a un concerto, la musica agisce a più livelli, c’è una parte di me che viaggia sul groove, una che ascolta le parole e cerca di sintonizzarsi («Cosa sta veramente dicendo?»). Ci sono la pancia e i polmoni e il cuore che si gonfiano quando l’inno sale, e i brividi sulla pelle quando dall’altra parte la star fa cadere il velo, e si mette a nudo. Ma se devo trovare una sola parola che riassuma la mia esperienza è “ispirazione”. Che a sua volta è una sensazione complessa: l’ispirazione a essere creativo, a non fermarmi mai incurante delle difficoltà (o dell’età, i nostri primi prediletti sono ormai tutti over 70), a ripercorrere la mia vita per metterla in prospettiva (quante volte…), a capire meglio chi sono, a fare anche qualcosa di bello, di grande. L’emulazione che nasce dall’ispirazione è quella che spinge ogni giorno nuove band inscia dei loro idoli, rapper-to-be a provare le pose e gli scioglilingua, i musicisti a provare e riprovare per arrivare alla perfezione. È quella che spinge persone “normali” a migliorarsi. Le connessioni fra musica e management, dal mio punto di vista, hanno molto a che vedere con l’ispirazione. Ivano Scolieri e io siamo partiti da due punti di osservazione diversi, con questo fattore comune. Suggerire componimenti, o raccontare storie, che possano essere d’ispirazione. Perché l’ispirazione non è solo una cosa d’artisti. Certo, loro hanno il dono di sapersi esprimere, quello che per molti è una fatica improba. Ma non c’è giorno della propria vita in cui un po’ di ispirazione non possa migliorare le cose. In qualsiasi campo lavorativo, sia ben inteso. Perché tutti noi possiamo godere di quella lucina che si accende, e ci consente di lavorare con più leggerezza, voglia, piacere. E, generalmente, risultati. Per farlo, aiutano quelli che in inglese si definiscono i “role model”, i modelli di ruolo: quelle persone che interpretando al loro meglio (che è poi sempre soggettivo, sia chiaro) il loro ruolo – qualunque esso sia – mostrano una strada, una possibilità, un modo. In genere sono “esempi positivi”, che siano predestinati o anime in pena che hanno conquistato faticosamente la propria redenzione. (Personalmente, ho simpatia anche per quelli che del loro “ruolo” se ne fregano, non vorresti mai aver fatto la loro vita ma accidenti quanto hanno dato, più al mondo che a sé, in genere. Ma non li troverete qui). Ora li chiamano “influencer”, anche se non è proprio la stessa cosa. È facile pensare a queste qualità, “competenze”, nel mondo lavorativo. Sono in fondo dettami comportamentali, filosofici, professionali persino. Aiutano a lavorare e a vivere meglio: dal sapersi controllare - centrarsi della prima nota, il Do - al saper trovare la sincronicità con la propria essenza - il proprio destino, dell’ultima nota, il Si. Ma portarli all’interno della musica? Certo che si può, proprio per quel fattor comune che citavo prima. I sette artisti (a cui ho aggiunto altri due “colleghi” per nota, per ampliare le palette dei colori) che ho scelto sono ispirati, poco ma sicuro, e sono stati di ispirazione a milioni di persone. Alcuni sono stati così potenti da cambiare la vita di chi li ha ascoltati e ne ha tratto le forze e… ispirazione. Per sé, anche se una chitarra non l’hanno mai presa in mano. Fra i miei preferiti, quindi, ho cercato artisti che potessero essere i role model di quelle sette “caratteristiche universali” che abbiamo identificato in corrispondenza di ogni nota. Sette tonalità che raccontano meglio di molte parole il senso della loro vita, e dell’arte che viene di conseguenza. La loro diversità – perché queste note sono più diverse le une dalle altre di quello che può sembrare – è anche il simbolo di come si possa fare musica in modo differente dagli altri. Sono qualità diverse in un artista come in uno qualsiasi di noi: una non esclude le altre, ma non necessariamente le include. Si può essere responsabili, ma non granché in fatto di Soluzioni. O essere un bravo Facilitatore che non ha ancora intravisto la sua Missione. Ma se ne mettete insieme due, o più, allora sì che il gioco si fa interessante… • Il DO – il Dominio del Sé • Il Re – la Responsabilità • Il MI – la Missione • Il FA – il Facilitatore • Il SOL – le Soluzioni • Il LA – la Laicità • Il SI – la Sincronicità Questo è stato il pentagramma che mi è stato dato, il tema. Ho cercato per ogni nota un artista a cui tutta la comunità, degli artisti e del pubblico, guardi con rispetto e ammirazione. Degli apripista, degli innovatori, degli alchimisti attraverso la musica. Gente che ha lasciato il segno nella storia. Poi, andando avanti nella scrittura, ho capito come ogni nota/qualità/competenza potesse in foindo anche identificarsi con un rapporto, una relazione: • Il Do è il rapporto con sé stessi • Il Re è il rapporto con gli altri • Il Mi è il rapporto con gli ideali, le nostri ragioni di vita • Il Fa è il rapporto col nostro gruppo, la nostra piccola comunità • Il Sol è il rapporto con la nostra creatività, fantasia, intelligenza • Il La è il rapporto con la nostra libertà di scelta, la flessibilità • Il Si è il rapporto con il tempo – il nostro interiore e degli altri E questo ha dato un altro senso ancora a questo lavoro. Perché sottolinea quanto nella musica, nella vita aziendale, nella vita di tutti siano importante i rapporti, le relazioni. Intime, pubbliche, con sé stessi e con chi non ti conosce, sul frontepalco e nel back office, quelle che volete voi. Senza relazioni, né l’arte né la parte hanno molto senso. Ed è forse un secondo Re che include tutti gli altri. Mi sono chiesto se i sette che avevo scelto fossero uomini “di relazione”, e mi sono detto che non solo lo erano, ma che ne avevano create a milioni. Proprio perché con queste sette note ci nasci, dentro e fuor di metafora musicale, ma si mostrano solo dopo tanto lavoro e spesso richiedono molti anni per essere riconosciute, ho voluto narrare le storie complete. Raccontando un percorso, fotografando un contesto, mettendo in luce la determinazione e l’ispirazione che hanno portando fin là i protagonisti. Qualcuno vi sorprenderà, su altri saremo d’accordo da subito. Ma ognuna di queste storie racconta un rapporto speciale, una visione, una finalità. Ognuna, spero, sarà di ispirazione per riconoscere, e possibilmente migliorare, qualcosa in voi. Non perché dobbiate salire su un “palco”, ma perché ciascuno di noi, ogni giorno, sale sul palcoscenico della vita. (Introduzione a Pianoforte – 7 note di armonia manageriale – Hoepli)
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