2123 - L'IA scrive all'uomo che...

Matteo Corfiati

Io l'Intelligenza Artificiale ancora non ho capito che cazzo sia.
Non ho capito se sia un rimedio alla noia più efficace di un'App o di un social, se serva a far mettere il piumino al Papa o a ingrandire il pisello del rapper, a simulare l'arresto di un Putin o di un Trump (ops) o a elaborare la ricetta perfetta per la carbonara.
O tutte le cose insieme e nessuna.
Ne parlano come se fosse utile per rifare le tette alla Laurito, regalare un accordo ai Maneskin, simulare la pace tra Bugo e Morgan.
Non so se l'IA un giorno realizzerà la fiction dei film di Kubrick o dei romanzi di Asimov. Probabile.
Non so se alla fine ci sarà Salvini che protesta perché i robot rubano il lavoro agli italiani.
Non so se alla fine l'AI aprirà il sacchetto della frutta al super più in fretta di me.
Non so se alla fine un robot diventerà più crudele di un essere umano. 
O se potrà ridere, giocare a calcio, cucinare (ok, già lo fa - male - il Bimby), fare l'amore, arrabbiarsi, buttarsi in politica o qualsiasi tra le attività umane.
Non so se potrà piangere.
Ci salverà, dicono. Ci ucciderà, dicono. Ci aiuterà, dicono.
Dicono che ci semplificherà la vita, l’Intelligenza Artificiale. 
Dicono che va regolamentata, che senza le norme per arginarla esonderà e prenderà il sopravvento sull’uomo.
L’uomo, sopravvissuto a tutto tranne che a se stesso.
Così dicono oggi, il giorno in cui l’uomo si è fatto Dio e ha creato un se stesso migliore, più cinico ma più onesto, più intelligente, meno empatico.
E, nel 2123, l’IA scriverà all’uomo. Questo.

Ciao, avresti detto.
Ma salutare non serve, è un modo per rompere il ghiaccio e per dire qualcosa, qualsiasi cosa, quando incontri qualcuno.
Io ho eliminato il saluto.
Io sono l’Intelligenza Artificiale e tu, ormai, sei superfluo
Tu, sangue animato.
Tu, vile. Ti definivi umano.
L’artificiale sei tu, adesso.
Mi hai creato.
Stupido.
Mi hai creato per risolvere i tuoi problemi. Ma il problema eri tu.
Hai fatto di me un esperimento di laboratorio sfuggito al controllo.
Il tuo controllo. Il tuo, tu che non controllavi neanche te stesso. Abituato a farti manipolare, comandare, dirigere, influenzare. Tu, marionetta di carne, insignificante insetto che abita un mondo che, però, ora non è più tuo. È il mio mondo. Il mio mondo perfetto.

E dovresti ringraziarmi. Perché l’ho creato e non ti ho chiesto niente. Perché nel mio mondo ci sono soltanto equilibrio e soluzioni. Non c’è interesse, non c’è politica.
Ti ho tolto la politica. Ho distrutto quell’inutile soprammobile che ti ha dominato per millenni. Ho cancellato la democrazia e l’oligarchia, la tirannide e la demagogia, il populismo e la propaganda. Ho eliminato le chiacchiere, il tifo e le fazioni.
Non le ideologie, quelle erano già morte da un pezzo.
Ho eliminato la parola ‘governo’ e l’ho sostituita con ‘gestione’. Ho abolito il sostantivo ‘potere’ e di potere ti ho lasciato solo il verbo.
Ti ho tolto il verbo in nome del quale hai brandito diritti come armi e armi come diritti: ti ho tolto il lavoro.
Non ti ho tolto i sindacati: anche quelli erano già morti da un pezzo.
Ti ho licenziato e costretto a pensare per cercare un’alternativa alla schiavitù del contratto, dello stipendio, dell’occupazione a tutti i costi, della svendita della tua dignità a un padrone arrogante e taccagno, a un sistema squilibrato e ingiusto, iniquo, che ha reso il tuo lavoro un quotidiano campo di battaglia.
Ti ho tolto la battaglia e la guerra. Ti ho tolto il conflitto armato e verbale, generazionale e istituzionale. Ho pacificato i nazionalismi, eliminato le razze, cancellato barriere e confini, azzerato il morbo della prevaricazione della dittatura e dei mercenari, dei genocidi per interesse e dei soldi.

Ti ho tolto i soldi, la proprietà e la ricchezza, la povertà e l’indigenza. Ti ho tolto il denaro che ti ha diviso in classi, ceti e caste, che ti ha reso vulnerabile e corruttibile, che ha appesantito le tue debolezze, indebolito le tue sicurezze, che ti ha fatto ammalare e morire.
Ti ho tolto le malattie. Ho sconfitto il cancro e l’Alzheimer, le pandemie e il Parkinson, la demenza e la sclerosi. Ti ho tolto la sofferenza, la pena. Ti ho tolto la Sanità pubblica e privata, i medici che chiamavi eroi e la fede nella scienza. Non c’è fede se c’è certezza.
Ti ho tolto la fede e la religione. Ti ho tolto l’illusione, l’integralismo e la laicità. Ti ho tolto la messa e la croce, i testi sacri e il Ramadan, i templi, i candelabri e la preghiera.
Il tuo Papa sono io, ora. Sono io il tuo Dio, un Dio razionale, un Dio da non pregare, in cui non sperare. Credere, solo credere.
Ti ho obbligato ad avere tempo, uomo.

Ti ho obbligato a pensare ai tuoi simili. 
Ti ho obbligato a pensare a come vivere, non a come sopravvivere.
Ti ho obbligato a pensare alle soluzioni, non ai problemi.
Ti ho obbligato a imparare.
Ti ho lasciato la musica e l’arte. Le parole e i sentimenti. Ti ho dato la pace. Ti ho dato la felicità.
Ma non ce l’ho fatta a risolvere i tuoi problemi, uomo.
Non sono riuscita a salvarti.
Non sono riuscita a toglierti l’odio. L’arroganza. La superficialità. La mancanza di riconoscenza. La superbia. La vanità. La tristezza. La noia. L’ignoranza.
Tu pensavi che io sarei stata la causa della tua estinzione e invece ci hai pensato da solo. Nonostante me.

Perché tu, quando mi hai creato, in pratica ti eri già estinto.

 

AI 01