Il nuovo Festival di Re Nudo, svoltosi alla Fabbrica del Vapore dal 21 al 23 giugno, ha stupito tutti: organizzatori, artisti partecipanti, pubblico, stampa, amministrazione comunale. Idee tante e tutte ambiziose, che inseguivano una rivoluzione politica, sociale, personale, e anche una specie di mutazione nel modo di amarsi e di intendersi. Troppo di tutto, come spesso accade nelle rivoluzioni. Eppure molti di quei valori in 50 anni si sono rafforzati, temprati, sono maturati e diventati digeribili per milioni di persone. Re Nudo vuole ripartire da lì: dalla creatività individuale e collettiva, dalla pratica di corpi sani e vitali, in armonia con il mondo naturale, dall’intensità felice nelle relazioni d’amore con il mondo. Da progetti di bellezza con cui rivestire il Re, incoronandolo per un futuro che non sia perduto ma “ritrovato”».
Stupore non per i numeri - più di ottanta artisti partecipanti, dodici associazioni coinvolte, due scuole, oltre millecinquecento ingressi – ma per l’atmosfera. All’interno dei locali di ex-Cisterne alla Fabbrica del Vapore si respirava un’aria nuova, di festa, di amicizia, di cameratismo, di solidarietà. Ma anche di affiatamento, disponibilità, affiatamento. Una rete che a legato tra di loro tutti i protagonisti della tre giorni – un po’ troppo piovosi - svoltasi al solstizio d’estate, che ha liberato un’energia sopita da troppi anni. Quell’energia che solo i giovani artisti sanno liberare.
Alla Festa di Re Nudo alla Fabbrica del Vapore il messaggio è stato chiaro: c’è voglia di ripartire. A lanciarlo è stato un cocktail di generazioni – dai ragazzi degli anni Settanta ai ragazzi di oggi e ai loro figli – che ha partecipato al “nuovo” Festival, ponendo basi per un progetto culturale che ci auguriamo abbia un futuro ma che ha già un nome: Highground. Dice il sociologo Francesco Morace: «Il Re è sempre più nudo, nessuno crede più a nulla, l’ansia e la disillusione dilagano in una dimensione gassosa che polverizza ogni idea e ogni progetto, per celebrare la piccola storia costruita su misura per se stessi: ognuno rimane Re sull’asteroide del proprio Ego. Quindi abbiamo bisogno di un bambino e una bambina che riesca a immaginare i nuovi vestiti del Re. Qualcuno in grado di immaginare la sua meravigliosa corona, che nell’intuizione grafica degli anni Settanta, sovrasta le due gambe accovacciate, in una posizione d’attesa o forse pronte a spiccare il salto in un futuro tutto da costruire. Come scriveva lo scrittore argentino Julio Cortazar nel Libro di Manuel nel 1972, in cui si racconta di un gruppo improbabile di esuli sudamericani che a Parigi organizza una rivoluzione surreale, …la forza delle idee ricevute era quasi spaventosa... tanto spaventosa da aver schiantato chi le aveva pensate, diffuse, praticate.
Ed è l’augurio che ci facciamo tutti.
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