La bicicletta è contropotere

Stefano Laffi

Troppi incidenti, alcuni mortali, persino quando si va a scuola in bicicletta. Ma da tempo subiscono le soste selvagge sulle poche piste ciclabili, denunciano piste disegnate male da chi in bici non ci è mai salito, piste che finiscono nel nulla, piste promesse e mai realizzate. E ora hanno scoperto che i 100 milioni del fondo per le reti ciclistiche urbane sono stati cancellati dalla legge di bilancio dello Stato, l’ha appena deciso il Governo Meloni per il 2023 e 2024. 

Ecco, come è successo per la dance e i rave, è la destra di governo a ricordarci che cosa è controculturale, cosa disturba. E così come il movimento dei free party si mobilita e si sincronizza fra Italia e Francia, i ciclisti urbani a Milano e in tutta Italia si radunano. Cordoni, flash mob, manifestazioni di piazza, blocchi alla circolazione. E pedalate di gruppo, magari insieme a pattinatori e pattinatrici. Nello stile civilissimo e gentile dei ciclisti, che dai tempi della critical mass fanno della presenza in gruppo sulla strada lo spettacolo dell’alternativa evidente all’isolamento triste e nevrotico di quelli che chiamano gli autosauri. 

È una questione di intelligenza, come ci ricorda Ivan Illich. Se “l’uomo a piedi a piedi è una macchina termodinamica più efficiente di qualunque veicolo a motore e della maggioranza degli animali”, l’uomo in bicicletta è ancora più efficiente ed è la macchina perfetta per la mobilità: in nessun modo è possibile consumare così poche calorie per spostare il suo peso, occupando così poco spazio, spendendo così poco e a quella velocità. Sopra i 25-30 km all’ora – la velocità delle bici, non a caso la soglia che definisce sicure le zone, le città – entra in scena il trasporto motorizzato, e cambia tutto. Perché il trasporto è un’industria, e allora diventiamo tutti passeggeri, paghiamo un servizio, cerchiamo velocità, ci dividiamo in classi sociali a seconda dei km/h dei nostri spostamenti, vogliamo raggiungere ciò che è lontano ma ci scontriamo nel traffico. “Superata una certa soglia di consumo d’energia, l’industria del trasporto detta la configurazione dello spazio sociale. Le autostrade si espandono, ficcando cunei tra i vicini e spostando i campi oltre la distanza che un contadino può percorrere a piedi. Le ambulanze spingono le cliniche al di là dei pochi chilometri in cui è possibile portare in braccio un bambino malato. Il medico non viene più a casa perché i veicoli hanno fatto dell’ospedale il posto giusto per stare malati. Basta che dei camion pesanti si arrampichino fino a un villaggio delle Ande perché sparisca una parte del mercato locale.” 

Insomma, la bicicletta non è solo ecologica ma è proprio l’antidoto ad una soglia critica di velocità e al capitalismo, perché regala libertà e ha un costo accessibile a tutti, come dimostra la sua diffusione crescente nella popolazione di origine straniera, che sempre di più usa la combinazione treno+bici per i suoi spostamenti di lavoro. La bicicletta è uno strumento di sopravvivenza e riscatto sociale per un ryder oggi così come lo era per un artigiano ieri, basta vedere le 77 professioni in bicicletta in mostra nel delizioso Museo dei Mestieri in bicicletta a Gubbio. Un po’ come la radio, la bicicletta evolve ma resiste, il carretto del gelato oggi diventa un birriciclo per pedalare insieme e bersi una pinta, un sound system a batteria solare o un ciclocinema.

Quindi la bicicletta è libertà, creatività, divertimento, lavoro, ma anche contropotere. Lo sappiamo dalla storia delle staffette partigiane, giovani donne o ragazzini che funzionarono da collegamento fra le brigate portando messaggi, cibo, medicine e altri carichi pericolosi. Lo sappiamo dalla meravigliosa vicenda di Gino Bartali, che da campione riconosciuto quale era fingeva di allenarsi e intanto di nascosto nel manubrio e nella sella della sua bici portava documenti che avrebbero salvato centinaia di ebrei durante la guerra. Lo sappiamo dai Provos, il movimento delle biciclette bianche nato ad Amsterdam negli anni ’60 che lanciò una sfida ai nuovi modelli di consumo e di dipendenza dalle automobili, offrendo alla città bici libere, a disposizione di chiunque.

Miss People have the Power, alias Patti Smith, ama la bicicletta. In rete troverete una sua immagine a New York con una bici olandese, e in April fool la sentirete cantare «Vieni sulla tua bici arrugginita, vieni, infrangeremo tutte le regole, cavalcheremo come cavalcano gli scrittori, né ricchi né squattrinati, correremo attraverso i vicoli, nei nostri mantelli sbrindellati, vieni a essere il mio pesce d'aprile, vieni, infrangeremo tutte le regole». 

Giusto, c’è cosa più romantica di portare una ragazza sulla canna della bici

 

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